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Il Politecnico di Torino ha presentato al pubblico e agli investitori le aziende ospitate nel suo incubatore I3P.
Riutilizzare, aggiustare, rinnovare e riciclare i materiali per rivitalizzare il sistema economico italiano. È la sfida delle startup innovative dell’incubatore I3P del Politecnico di Torino, che il 5 maggio scorso ha deciso di mettere sotto i riflettori le nuove aziende green che ospita, all’interno del convegno “Economia circolare: soluzioni per aggredire un settore da 604 miliardi di euro in Europa”. Più che un settore, una nuova prospettiva di mercato che non solo conviene all’ambiente, ma anche alle tasche dei potenziali investitori.
Le startup presentate a Torino si occupano praticamente di tutto: dai carburanti di nuova generazione da materie plastiche o da oli ad alto tenore di acidi grassi, ai conglomerati alleggeriti per l’edilizia, fino alle bioplastiche di ultima generazione da biomasse di scarto di origine alimentare.
Ecco l’elenco delle aziende innovative presenti a Torino:
Sintol
Produce carburanti sintetici avanzati, c.d. di 2° generazione, attraverso un processo di trattamento di materie plastiche a fine vita mediante tecnologia di pirolisi catalitica brevettata. La materia prima utilizzata nel processo è costituita interamente da materia prima-seconda di matrice plastica reperita dalla filiera del riciclo. Il primo impianto è partito con successo. Il prossimo step è costituito dall’idrogenazione dei carburanti sui quali la società investirà nei prossimi anni, puntando a un significativo incremento della quota totalmente rinnovabile dei suoi vettori energetici.
Slh
Il processo sviluppato fornisce un’efficace soluzione per l’abbattimento degli acidi grassi presenti nelle masse oleose, incrementando in modo drastico il valore della materia prima in ingresso, trasformandoli direttamente in combustibile. Gli acidi grassi sono causa di inefficienze, elevate usure e costringono gli operatori di settore ad acquistare oli raffinati o di alta qualità in origine (olio di palma). La strategia di partnership attuata dalla start up ha permesso di mettere in attività il primo impianto su scala industriale, superando tutti gli ostacoli che un’impresa di complessità elevata comporta sotto il profilo tecnico e normativo.
Stonebricks
I fanghi di segagione sono scarti dell’industria dell’estrazione e lavorazione dei materiali lapidei: tali rifiuti, prodotti durante le fasi di estrazione e taglio del minerale, rappresentano una problematica economica ed ambientale di rilievo. Per comprendere l’entità del problema si consideri che la produzione di fanghi di segagione in Europa è di circa 345.000 tonnellate all’anno e che ad oggi tali scarti non trovano alcun impiego se non il conferimento in discarica. Il processo sviluppato da Stonebrikcs permette invece di trasformare i fanghi di segagione in prodotti da costruzione ad alto valore aggiunto atti ad essere impiegati nel settore dell’edilizia. Il progetto, nato in collaborazione con gli attori della filiera, costituisce un esempio eccellente di integrazione di come una tecnologia innovativa può integrarsi in settori tradizionali e generare valore per tutti.
Replant
La società promuove lo sviluppo di schemi di filiera secondo il modello delle Energy Service Company. Questo approccio favorisce il coinvolgimento di attori locali (enti locali, imprese forestali, artigiani e imprese di installazione impiantistica) e della popolazione, in quanto soggetti interessati dagli impatti sociali, economici e ambientali dell’avvio delle filiere. Replant ha costruito un modello completo che va dall’approccio alla risorsa forestale fino alle soluzioni specifiche per essiccare, selezionare e distribuire l’alternativa locale al pellet di importazione.
Polipo
Polìpo (Poli come Polimero e lipo dal greco “grasso”) prevede lo sviluppo di materie plastiche biodegradabili per l’industria non alimentare provenienti da oli vegetali come fonte di materiale per la produzione di polimeri completamente biodegradabili con struttura simile ai poliidrossialcanoati (PHA). Questi oli possono essere di prima generazione (olio di colza, girasole) o di seconda generazione (recuperati da biomasse di scarto quali semi di pomodoro, vinacce e fondi dei caffè). Sarà così possibile produrre bioplastiche completamente biodegradabili a partire da scarti di origine alimentare altrimenti inservibili o valorizzate molto poco dall’attuale riutilizzo.
Remete
Prevede la messa a punto di un processo per il recupero integrale di metalli preziosi e terre rare da materiale elettronico in disuso, eventualmente recuperato dai Rifiuti da Apparati Elettrici ed Elettronici (RAEE). Si tratta di un settore dal grande potenziale economico. Ogni anno si producono nel mondo dai 20 ai 50 milioni di tonnellate di rifiuti hi-tech che contengono 320 tonnellate d’oro e 7.200 d’argento per un valore di oltre 15 miliardi di euro: solo il 15% di questo “tesoro” viene recuperato (fonte ONU). In Europa, ci sarebbero potenzialità economiche per almeno 1 miliardo di euro dal recupero dei materiali preziosi, innalzando la percentuale di riciclo dall’attuale 33% all’80% delle circa 10 milioni di tonnellate di RAEE prodotte ogni anno. Inoltre, tra i metalli recuperati ci sarebbero molte delle terre rare importate dalla UE, il cui fabbisogno si aggira intorno alle 12-20 mila tonnellate l’anno, con prezzi oscillanti tra i 5-10 mila dollari per tonnellata.
Greenwolf
La lana grossolana dall’allevamento europeo e dall’industria della carne è essenzialmente un sottoprodotto di nessun valore che non è utilizzabile nell’industria tessile. Tuttavia, la tosa annuale, che è necessaria per il benessere dell’animale, produce 1,5 – 3 kg di lana grossolana (più di 200 mila tonnellate in Europa delle quali 18-20 mila tonnellate solo in Italia), ma non c’è nessuna informazione disponibile dell’ammontare di lana confinata in discarica, né sulle pratiche di stoccaggio, trasporto e smaltimento. Il progetto, che vede coinvolti il Politecnico di Torino, CNR e Obem Spa, ha lo scopo di dimostrare la fattibilità del convertire gli scarti di lana in fertilizzante ammendante usando un impianto di idrolisi locale, questo per ridurre i costi di trasporto sia di lana che di fertilizzante, ed eliminando il lavaggio e lo smaltimento di lane grossolane. Le lane sucide grossolane inservibili saranno trasformate in un fertilizzante per il suolo, con un impianto dimostrativo capace di gestire 1/3 della tosa annuale Piemontese (1ton/giorno).
Microwaste
Nasce per risolvere, su scala nazionale e in modo ecologico, il problema dei rifiuti contenenti amianto. MicroWaste fornirà un servizio on-site di inertizzazione dell’amianto per mezzo di un sistema mobile di trattamento termico a microonde che permette di eliminare completamente la cancerogenicità dell’amianto stesso, generando una materia prima secondaria commercializzabile. Il processo di inertizzazione consiste nel riscaldamento ad alte temperature dell’amianto (1000-1500 ⁰C) che modifica completamente la sua struttura chimica. L’amianto si trasforma così in un nuovo materiale, l’Atonit, che è stato dimostrato essere non nocivo, per l’uomo e per l’ambiente e che, aggiunto al cemento, crea un prodotto da costruzione con proprietà simili al cemento pozzolanico.
Per maggiori informazioni, consultate il sito di I3P
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