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L’Università milanese, punto di riferimento per la formazione imprenditoriale, scommette sull’economia circolare.
Imprenditoria e rispetto dell’ambiente? Un connubio non solo possibile, ma anche inevitabile in un mondo sempre più proiettato verso l’economia circolare. In questo senso, è quanto mai necessaria una adeguata formazione della classe dirigente del futuro.
Partendo da questi presupposti, l’Università Bocconi di Milano, tempio della formazione economica italiana, ha avviato l’Osservatorio sulla Green Economy, GEO – Green Economy Observatory, presso lo IEFE – Università Bocconi, all’inizio del 2014. L’iniziativa è stata presentata nel corso del convegno “Un anno dopo Rio+20 – rilanciare la crescita con la Green Economy”, tenutosi il 16 settembre 2013 alla presenza del ministro del Lavoro, del ministro dell’Ambiente e del rettore dell’Università Bocconi.
Recycling Point ha intervistato Edoardo Croci e Fabio Iraldo, coordinatori del team di ricerca dell’Osservatorio sulla Green Economy.
Siete un ateneo fortemente orientato al business: quanto agli imprenditori interessa davvero la green economy? È un settore che è diventato economicamente rilevante, oltre all’indubbia valenza ambientale?
Secondo i dati Ocse ed Eurostat, il 27,5% del totale delle imprese in Italia è Core Green, ossia produce beni e/o servizi di elevata valenza ambientale. Ma il dato che conta è soprattutto un altro: il 14,5% del totale delle imprese italiane, pur non producendo beni e servizi green di elevata valenza ambientale, ha ormai intrapreso la strada di un sistema di gestione orientato al rispetto dell’ambiente, per comportamenti e iniziative, e adottando standard ambientali elevati sia nei processi produttivi, sia nella progettazione dei prodotti. Proprio nell’industria, che conta per circa il 26% della percentuale precedente, si registra un dato che dimostra quanto sia cresciuto l’impegno ambientale di moltissime imprese italiane.
Considerando le imprese Core Green e le imprese non Core Green ma che hanno stabilmente modelli di gestione green, si ottiene un notevole 42% di imprese italiane che hanno ormai intrapreso la strada della Green Economy.
Rispondendo quindi alla domanda, sì, è un settore che sta progressivamente guadagnando ampio terreno, e diventando perciò anche economicamente rilevante. Questo è dovuto anche, in misura sostanziale, alla crisi economica degli ultimi anni, che ha causato non solo un calo quantitativo, ma anche una forte selezione delle imprese che sono state in grado di rimanere a galla, costrette comunque a ripensare ai propri modelli di gestione per cercare di recuperare competitività. Uno dei più importanti driver di questa innovazione tesa alla maggiore qualità è stato proprio l’ambiente, la ricerca di produzioni di elevata qualità ecologica e di modelli produttivi e gestionali ambientalmente avanzati (per esempio, tra il 2007 e il 2014 il numero di imprese con registrazione EMAS è aumentato del 74%). A ciò si è aggiunto l’effetto delle scelte, delle politiche, delle misure e degli investimenti finalizzati alla mitigazione della crisi climatica.
Gli imprenditori italiani hanno realmente intrapreso un nuovo percorso, trasformando il proprio modo di produrre, di approvvigionarsi e vendere. Ma siamo solo all’inizio, in quanto esistono pesanti barriere che frenano la piena transizione verso i nuovi modelli di produzione e consumo. Uno fra tutti: le imprese più inquinanti, decidendo di non innovare, sostengono costi di produzione inferiori, che permettono loro di guadagnare maggior competitività, potendo imporre prezzi più bassi.
Tutti parlano di green economy, il problema è metterla in atto. Cosa serve a un imprenditore per riuscire a operare in questo settore? Gli imprenditori italiani sono pronti o c’è bisogno di una formazione ad hoc?
La sostenibilità, e la transizione verso la green economy nelle sue diverse declinazioni, è una sfida a livello globale, che implica certamente un grande sforzo e un forte cambiamento a tutti i livelli, dalle istituzioni, alle imprese, fino ai cittadini e alla società civile. Le imprese, siano esse industria o servizi, sono e devono essere grandi protagoniste del cambiamento, obbligate a riconsiderare non solo il proprio modello di business, ma anche il proprio ruolo nella società.
Non si tratta solamente di operare in questo settore, considerandolo un settore distinto e indipendente rispetto a tutti gli altri. È fondamentale che l’imprenditore individui la propria strategia di “greeness” giusta da integrare nel proprio operato quotidiano, e nel proprio business. Intraprendere la strada della green economy infatti deve partire prima di tutto da una forte volontà e coscienza etica e ambientale dell’imprenditore.
Una maggiore coscienza a livello nazionale si è sicuramente diffusa, gli imprenditori italiani sono sicuramente pronti o inclini ad operare in questo settore, o ad adottare nuovi modelli di gestione, coniugati in chiave green.
Su questa base, che è chiaramente nodale, è importante fare formazione, all’imprenditore e alla sua squadra, perché siano preparati ed aggiornati, sia dal punto di vista normativo, sia per quanto riguarda la molteplicità di strumenti e approcci a disposizione, le cui potenzialità possono offrire vantaggi non solo da punto di vista ambientale, ma anche di competitività e performance sul mercato e nei confronti dei consumatori.
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