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Il Washington Post racconta come il boom consumista delle batterie al litio sia legato allo sfruttamento dei minatori in Congo.
Lo sfruttamento delle risorse spesso corrisponde allo sfruttamento degli esseri umani. È quello che dimostra la lunga inchiesta del Washington Post sulla filiera che porta dalle miniere di cobalto alle batterie al litio che utilizziamo tutti i giorni con i nostri dispositivi elettronici – siano essi smartphone, tablet o pc – e che useremo sempre di più con le auto ibride ed elettriche. Uno sfruttamento che potrebbe essere arginato con l’economia circolare, riciclando le materie prime contenute in quelle apparecchiature e reimmettendole nel ciclo produttivo.
Uno dei componenti delle batterie al litio è infatti il cobalto, fondamentale per realizzare il catodo, il polo negativo dell’accumulatore. Secondo i calcoli della testata americana, nella batterie di uno smartphone ci sono dai 5 ai 10 grammi di cobalto raffinato. Un quantitativo tutt’altro che modesto se moltiplicato per i milioni di dispositivi nel mondo, ma che viene surclassato quando di parla delle batterie per auto elettriche, che ne contengono fino a 15 chili. Secondo le previsioni di Benchmark Mineral Intelligence la domanda mondiale di cobalto, già triplicata negli scorsi cinque anni, raddoppierà entro il 2020.
Nella corsa consumista il cobalto servirà sempre di più e a prezzi sempre più bassi, strozzando una filiera che già adesso è fatta di soprusi, sfruttamento minorile e salari bassissimi. Il reportage del Washington Post racconta le condizioni dei minatori del Congo, Paese dal quale si estrae circa il 60 per cento del cobalto di tutto il mondo. Minatori che scavano con mezzi rudimentali, senza supervisione e misure di sicurezza. Ma c’è altro. Secondo una denuncia di Amnesty International, ci sono 40 mila ragazzini che lavorano a 2 dollari per 12 ore al giorno.
Una situazione che si combatte con più controlli e la costruzione di una filiera etica, ma che può anche essere arginata con un cambio del modello economico basato su consumismo e obsolescenza programmata. In che modo? Con dispositivi che durino di più e, soprattutto, che vengano progettati per essere riparati, aggiornati e riciclati in ogni loro componente.
Leggi il reportage del Washington Post sulle miniere di cobalto in Congo
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